Emergenza sanitaria o emergenza costituzionale?
Oggi piove. Ci voleva
finalmente un po’ di questa pioggia sottile, costante. Anche se le mie rose che
iniziavano a sbocciare ne soffriranno un po’, penso alle produzioni agricole e
orticole che di acqua avevano proprio bisogno. Ed anche i miei amati
germogli di pungiotopo cresceranno con maggior vigore e facilità.
In queste oziose giornate di
isolamento dove soltanto la mia passione per il cinema, la lettura ed il
giardinaggio hanno reso sopportabile il cosiddetto lockdown non ho avuto molta
voglia di scrivere, nel senso che mi sono limitata ai doveri professionali.
Lockdown. Strategica la
scelta di utilizzare il termine straniero, anziché l’italiano “confinamento”.
Forse perché il vocabolo italiano avrebbe potuto turbare anche la gente comune perché
evoca un periodo storico nefasto (confino) e perchè i suoi sinonimi sono
inequivocabili: prigionia, reclusione, imprigionamento, detenzione. E allora, perché
non scrivere proprio di restrizioni? Questa settimana non è una settimana
qualunque. E’ la settimana in cui le voci si stanno alzando per raccontare una
storia che non avremmo mai più voluto sentire.
Il dissenso e le preoccupazioni. L’intervento più autorevole
è stato senza dubbio quello della Presidente della Corte costituzionale Marta
Cartabia la quale, nella relazione sull’attività della Corte costituzionale nel 2019,
ha affermato che: “La piena attuazione della Costituzione richiede un impegno
corale, con l’attiva, leale collaborazione
di tutte le
Istituzioni, compresi Parlamento,
Governo, Regioni, Giudici. Questa
cooperazione è anche
la chiave per
affrontare l’emergenza. La Costituzione, infatti, non contempla un
diritto speciale per i tempi eccezionali, e ciò per una scelta consapevole, ma
offre la bussola anche per “navigare per l’alto mare aperto” nei
tempi di crisi,
a cominciare proprio
dalla leale collaborazione fra le
istituzioni, che è la proiezione istituzionale della solidarietà tra i
cittadini”. In altre parole, cerchiamo di non navigare a vista. Ipse dixit.
C’è, poi, l’intervento della
camera penale di Trieste. L’avvocato Alessandro Giadrossi, in una intervista
raccolta dalla tv-online Byoblu, illustra il contenuto della lettera inviata alle camere penali italiane, perché prendano posizione sulle questioni
poste a proposito del principio di proporzionalità non rispettato dai provvedimenti
governativi. Inutile riassumere. Ascoltare l’intervista è utile. Leggere la
lettera chiarisce, in maniera puntuale, quali sono rischi ed effetti della
deriva populista.
Mi ha commosso, poi, il
video autoprodotto della cara amica avvocato Elena Feresin che, partendo dai
valori della Resistenza, esprime la sua protesta, civile e democratica, a
proposito della violazione dei diritti fondamentali dell’uomo messi a dura prova dai
provvedimenti governativi.
Parte anche da Trieste, su iniziativa
di alcuni avvocati, l’appello sottoscritto da più di 80 professionisti di tutta
Italia teso a denunciare la violazione degli elementi fondanti la Carta
costituzionale.
La comunicazione. Come procedere per far accettare alla Comunità
nazionale le restrizioni? L’uso della comunicazione nella gestione della
attuale situazione è da manuale. Non so quanti hanno letto o avranno voglia di
leggere il saggio “Psicologia delle folle” scritto nel 1895 da Gustave
Le Bon. Le Bon dipinge le folle come una forza di distruzione, priva di una
visione d'insieme, indisciplinata e portatrice di decadenza, mentre esalta,
invece, le minoranze come forze capaci di creare. Nella sua visione, la massa -
permeata da sentimenti autoritari e di intolleranza - crea un inconscio
collettivo attraverso il quale l'individuo si sente deresponsabilizzato e viene
privato dell'autocontrollo, ma che rende anche le folle tendenti alla
conservazione e orientabili da fattori esterni, in particolar modo dal
prestigio e dal carisma di singoli individui all'interno della massa stessa. E’
proprio quello che sta succedendo oggi.
Il Governo sta attuando una
puntuale strategia di comunicazione a senso unico ed il sito istituzionale lo
dimostra chiaramente a chi sa leggere tra le righe.
Peraltro, andrebbe letta con
attenzione l’analisi di Luca Poma, professore di Reputation
management all'Universita Lumsa di Roma e all'Universita della Repubblica di
San Marino e specialista in Crisis communication pubblicata su formiche.net,
dal titolo: “Governo Conte e Coronavirus. Analisi sulle frequenze della paura”.
Cito soltanto un passaggio dell’articolato contributo. A proposito del bisogno di
presidi medici a protezione degli operatori sanitari attivi nei nostri ospedali,
ecco ciò che è stato comunicato: “Ecco gli amici cinesi, che ci regalano 100
milioni di mascherine” (in realtà contrattualizzate e pagate a prezzo di
mercato), è stata l’informazione circolata sui Social, anche grazie al megafono
costituito dal nostro stesso Ministro degli Esteri Luigi Di Maio, che della sua
vicinanza al regime cinese non ha mai fatto mistero.
Lo scopo, sottolinea Poma, è
confondere la popolazione, diffondendo l’idea che l’Unione Europea non stia
facendo abbastanza e che per contro i regimi autoritari abbiano le soluzioni in
tasca e siano ben disponibili – disinteressatamente, per puro spirito
umanitario – a soccorrere l’Italia.
La prossima settimana
inizierà la Fase 2 e le maglie, anche se di poco, si allenteranno. Ma non per
questo saremo più liberi, perché già si parla di app di tracciamento. Questa
vicenda sta assomigliando sempre più alla sceneggiatura di una storia distopica. Ma
per quanto personalmente ami molto i film di fantascienza, non ho alcuna intenzione
di diventarne protagonista.
Quindi Elena, Alessandro, Stefano io ci sto! Inizia la Resistenza 2.0.
Quindi Elena, Alessandro, Stefano io ci sto! Inizia la Resistenza 2.0.
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