E naturalmente, sono approdata anche a Montalbano. All’inizio quasi per curiosità, poi per affetto, infine per amore. Di quella casa a Punta Secca (che nella serie è Marinella), dei vicoli di Ragusa Ibla, dei silenzi, delle risposte secche, della pasta 'ncasciata e dei pranzi in veranda. Montalbano mi ha ricordato che anche in Italia, quando si vuole, si sa fare televisione di qualità, capace di parlare al pubblico senza svendersi, e soprattutto di creare atmosfere che restano.
E così, da quella finestra sul mare siciliano, mi sono lanciata con entusiasmo alla scoperta di una nuova stagione del poliziesco italiano, dove non solo gli attori ma anche le città, le donne e le emozioni sono protagonisti. Ecco i miei preferiti, quelli che hanno reso le mie serate un appuntamento immancabile.
La Porta Rossa – Trieste, il confine tra la vita e ciò che resta In questa serie, Trieste è grigia, malinconica, intensa. Il commissario Leonardo Cagliostro, ucciso in servizio, non riesce a “passare oltre” finché non scoprirà chi lo ha tradito. E così si aggira come spirito, spettatore impotente, mentre la città continua a vivere senza di lui. Ma c’è qualcuno che può vederlo: una ragazza inquieta e sensibile, Vanessa. E poi c’è Anna, la moglie magistrato, donna forte e ferita, che cerca giustizia senza sapere che suo marito la guarda ancora.
La Porta Rossa è un noir fuori dai canoni, più vicino a una poesia che a un giallo, dove il crimine è solo l’inizio di un viaggio nel lutto, nella memoria, nell’amore. Un racconto sospeso, come la nebbia che avvolge il Molo Audace.
Lolita Lobosco – Tacco dodici e cervello fino Bari è calda, vivace, piena di luce. Come lei, Lolita Lobosco, vicequestore determinata e fuori dagli schemi. Elegantissima, colta, ironica, Lolita indaga tra pregiudizi, segreti di famiglia e crimini veri, senza mai smettere di essere donna. Ma una donna autentica, non stereotipata: non rinuncia alla femminilità per imporsi, ma la usa come parte della sua forza.
Accanto a lei, una squadra vivace, una sorella presente, un amore possibile e complicato. La serie, tratta dai romanzi di Gabriella Genisi, è brillante e colorata, ma sa toccare temi profondi come la violenza di genere e il potere. Lolita Lobosco è un invito a credere nella forza delle donne. Anche con il rossetto acceso.
The Bad Guy – Quando il confine tra eroe e mostro si fa labile Nino Scotellaro, magistrato integerrimo, viene accusato di essere un boss mafioso. Ed è qui che comincia The Bad Guy, una serie che gioca con i generi e con il nostro senso della giustizia. La Sicilia raccontata qui è cupa, surreale, teatrale. E Luigi Lo Cascio è straordinario nel dar vita a un personaggio che affonda nella vendetta con una lucidità quasi shakespeariana.
C’è humour nero, satira sociale, tragedia familiare. E c’è la sensazione scomoda che la verità, in certi contesti, non sia mai tutta da una parte sola. Una serie coraggiosa, spiazzante, che non fa sconti a nessuno.
Imma Tataranni – Matera, abiti eccentrici e mente acuta Se c’è una figura che rompe ogni cliché è Imma Tataranni, procuratrice di Matera (la serie che sto guardando proprio in questi giorni). Appariscente, impertinente, logorroica, sarcastica. Ma anche madre amorevole, moglie imperfetta, figlia sensibile. Imma è tutto insieme, e per questo irresistibile.
Ogni caso che affronta è uno specchio della realtà sociale, tra sfruttamento, ipocrisie di provincia e ingiustizie radicate. Ma il vero cuore della serie è lei, con i suoi pensieri a voce alta, i vestiti sbelluciccanti e la capacità di andare dritta al punto, senza fronzoli.
E poi c’è Matera, che non è mai solo uno sfondo, ma una presenza viva, antica, scolpita nella pietra. Come certe verità che Imma riesce a tirar fuori.
Non Uccidere – Ombre torinesi e verità familiari Tra le strade fredde e silenziose di Torino, si muove Valeria Ferro, ispettore dai modi asciutti e dallo sguardo profondo. Ogni caso che affronta in Non Uccidere è un nodo familiare: madri e figli, fratelli, segreti sepolti. Non ci sono mostri, solo esseri umani fragili che hanno smesso di vedere l’altro.
Valeria è dura, spesso spigolosa, ma sotto la corazza c’è una ferita mai rimarginata: sua madre è in carcere, condannata per l’omicidio del padre. Il passato, qui, non è mai passato davvero. La serie è cupa, intensa, a tratti dolorosa. Ma è anche uno dei ritratti più realistici e profondi mai visti della polizia italiana.
Il mio rituale serale. E poi, diciamolo: non è solo questione di storie appassionanti e città da sogno. È che queste serie sono diventate parte della mia routine quotidiana. Ho una TV da 85 pollici in camera da letto – sì, lo ammetto, un po’ esagerata, ma che gioia! – e un materasso top di gamma. Dopo cena, mi infilo sotto le coperte, accarezzo i miei due gatti, uno nero e uno grigio, che adorano farsi grattare sulla schiena, e accendo il mio piccolo cinema notturno. La luce blu del televisore, il silenzio della casa, il calore dei miei gatti. È il mio momento. La mia full immersion nel mistero, nei dialetti, negli sguardi, nelle città che conosco e in quelle che sogno. Un modo per chiudere la giornata con un po’ di bellezza e di tensione ben dosata.
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