Il giorno di Santo Stefano mi sono svegliata infreddolita. Il
termosifone principale di ghisa dell’appartamento sembrava non funzionare,
tenuto conto che era gelido al tatto. Dopo aver controllato tutti gli altri ed
aver accertato il loro corretto funzionamento mi sono resa conto che non era
necessario chiamare la ditta incaricata della manutenzione dell’impianto; fatto
questo alquanto sgradito vista la giornata festiva. Perché, con ogni
probabilità, il motivo era da ricondurre alla circostanza che le batterie della
valvola termostatica del termosifone si erano esaurite e, di conseguenza, era
stato interrotta la circolazione di acqua calda. Nella consapevolezza di un
tanto: niente paura, mi sono detta. Dopo colazione esco, mi vesto bene e vado
nel supermercato più vicino ad acquistarne delle nuove. Tutto ciò dopo aver
richiesto al gruppo whatsapp condominiale indicazioni circa le caratteristiche
delle pile in questione. Peraltro, avrei acquistato anche l’acqua Sant’Anna per
la caffettiera elettrica; tenuto conto che quella del rubinetto, nella mia
città, è ricca di calcio ed il sapore del caffè viene
fortemente alterato. Sta di fatto che, come la saggezza popolare vuole, tra il
dire ed il fare ci sta di mezzo il mare, perché diversi supermercati della zona
erano inesorabilmente chiusi. Gira e rigira quello della Despar era fortunatamente
aperto; ed anzi il piazzale destinato a posteggio al completo. Con la fila
delle macchine in attesa che uno stallo
si renda libero. Ed è allora, in quel momento, che tra me e me mi sono chiesta:
chissà se la decisione di chiudere i negozi alla domenica, in un ritorno al
passato, verrà o meno adottata; adesso che i comportamenti di acquisto dei
consumatori si sono adeguati all’offerta? Insomma, se gli orari dei negozi a
me, personalmente, vanno bene così, non posso invece non essere critica nei
confronti dei centri commerciali responsabili di aver depauperato, o meglio
ancora essere i responsabili della desertificazione dei centri storici di città
e paesi, di aver massicciamente contribuito alla cementificazione del
territorio. Peraltro, dei centri commerciali avremmo ben potuto farne a meno, in quanto del tutto inutili, tenuto conto che la rete dei negozi cittadini ha sempre soddisfatto la domanda. Ormai la situazione reale è davanti agli occhi di tutti: l’azione
dell’uomo sul territorio è stata devastante, la copertura artificiale ha minato
l'integrità ambientale e, di conseguenza, la sicurezza. Frane, smottamenti ed
alluvioni sono tutti responsabilità dell’uomo. Progettare e costruire sono
stati visti sempre come un connubio inscindibile di progresso, a danno di un
connubio, forse più costoso, ma certamente meno devastante: progettare e ristrutturare.
Insomma, è ben diversa la gettata di cemento che distrugge il territorio in
maniera permanente, rispetto all’azione di recupero del patrimonio edilizio
esistente. Contributi, agevolazioni e finanziamenti dovrebbero essere concessi
soltanto a coloro i quali condividono la scelta etica del non consumo di suolo.
Ciò in quanto la situazione è drammatica. I dati diffusi dall’Ispra nel
rapporto sul consumo di suolo, di alcuni mesi fa, informano che il cemento è
arrivato a sottrarre alla natura 2 metri quadrati al secondo, pari a 15 ettari
al giorno, fino a raggiungere i 52 km quadrati di superficie totale. Valori
che, in termini economici, rappresentano una perdita superiore ai 3 miliardi di
euro l’anno. Credo dovrebbero essere queste le preoccupazioni di un Ministro
dell’economia più che dibattere sull’opportunità o meno di un ritorno alle origini
per quanto riguarda i turni di chiusura domenicale dei negozi. Nel senso che battersi
per aperture e chiusure, a qualsiasi settore ci si riferisca, è comunque sempre una battaglia
di retroguardia che accontenterebbe pochi e scontenterebbe molti.
Da quando ho deciso di non tingere più i capelli e di lasciarli, quindi, color platino, sento di aver acquistato ulteriore libertà: quella di non essere schiava del tempo. Del tempo che passa, e non mi riferisco a minuti, ore o giorni; ma a mesi stagioni ed anni. Tutto ciò nonostante mi senta giovanissima nello spirito. Con tanta voglia di fare progetti per il futuro: per i prossimi 60 anni.
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