sabato 12 dicembre 2020

Letture dicembrine

Ho terminato di leggere oggi il nuovo libro di Anna Cecchini, uscito poco tempo fa, I sapori del bosco. Anzi a dire il vero l’ho divorato, presa dall’ansia di iniziare al più presto le nuove letture che mi stanno aspettando. Libri che ho ricevuto in dono all’inizio di questa settimana e che hanno consacrato il compimento del mio settantesimo compleanno. Importantissimo traguardo che dà il nome anche a questo blog. L’obiettivo è decisamente ambizioso. Ma devo dire che faccio tutto, proprio di tutto per mantenere il proposito di arrivare, in buona salute, alla cifra tonda tonda che più tonda non si può. Il libro di Anna mi ha emozionata, perché i suoi racconti, le sue descrizioni di luoghi e persone, sono sempre molto coinvolgenti. Ti sembra di essere lì, assieme a lei, e rivivere le emozioni che anche tu hai condiviso nella tua infanzia ed adolescenza. Anna parla d’amore, innanzitutto. Amore per la famiglia, nella buona e nella cattiva sorte, e di come i sapori del cibo consentono, a volte, di ritornare indietro nel tempo per ritrovare le emozioni che si pensavano dimenticate. Cibo per riunire, quindi. Per ritrovare il passato nelle ricette e nei piatti cucinati lentamente, sullo sparghert mentre le fette di polenta adagiate sopra la piastra, attendono di fare la crosticina, per essere apprezzate al meglio. Ritornando al mio compleanno ….. il primo libro me lo sono regalata da sola. Hans me l’aveva promesso ma, in questi tempi di forzata separazione dagli amici, costretti dalle zone gialle, arancione e rosse, non abbiamo ancora avuto modo di incontrarci. L’ho ordinato, quindi, via Internet. Anzi, a dire il vero, ne ho ordinate parecchie copie da regalare, ed altre ne ordinerò certamente ancora. Si tratta di “L’altra regola del gioco”. Biografia romanzata di Nora Gregor, la mitica Nora Gregor che, nata in Piazzutta a Gorizia, proprio all’inizio del secolo scorso, ha calcato le scene di teatro e cinema per concludere, infine, la sua intensa vita nella città cilena di Viña del Mar. Strano destino quello di Nora Gregor, pseudonimo di Eleonora Hermina Gregor (Gorizia, 3 febbraio 1901 –, 20 gennaio 1949), al solo tenere conto che – come puntualizza Hans Kitzmuller – nella quarta di copertina “mentre La regola del gioco compare puntualmente ai primissimi posti di ogni classifica dei migliori film della storia del cinema, il nome di Norma Gregor, protagonista del capolavoro di Jean Renoir, è pressoché scomparso dalla memoria degli spettatori.” Sarebbe il caso di promuoverne il ricordo ed inserire anche questo testo nelle strenne per gli amici. Altro libro che ho ricevuto in dono e che, a dire il vero, mi mette un po’ d’ansia iniziare è Il petalo cremisi e il bianco di Michel Faber. A detta dell’ amica che me ne ha fatto dono, è uno dei più bei libri che lei abbia letto. Vedremo. L’ansia deriva dal fatto che le pagine sono 983! Ma credo sia solo questione di “farsi prendere” dalla narrazione. Cosi’ come è stato del resto per il poderoso Io confesso di Jaume Cabré che di pagine ne aveva 780, che ho terminato alcune settimane fa. Mia figlia mi ha regalato due libri di Morganti editore. In La stanza di Piera, Stefania Conte racconta la storia vera di Piera Leoni. Una storia della nostra terra: l’Istria, prima ed immediatamente dopo il 1943. Stefania, che ho avuto la fortuna di conoscere personalmente, mi aveva accennato a questo suo lavoro e mi ero ripromessa di leggerlo. Regalo perfetto, quindi. Non dubito che la lettura sarà un piacere come del resto lo sono sempre i racconti ambientati nelle nostre zone. Così è stato per i lavori di Carlo Sgorlon e Fulvio Tomizza. L’altro del prolifico editore Morganti è certamente il libro che inizierò a leggere la vigilia di Natale e già pregusto il piacere che mi darà. Si tratta di L’uomo dei sogni reali, originale romanzo a ventisei mani, che si trasforma in una guida letteraria alle tradizioni, alla cucina e al folklore del Friuli Venezia Giulia. Della serie non vedo l’ora. Me ne sono convinta dopo averne letto la presentazione: Babbo Natale in incognito (alias l'Uomo dei sogni reali), Dal 5 dicembre al 23 percorre la regione a bordo della slitta trainata da una sola renna, sostando nelle principali città. Lo tallonano due elfi, Sherlock ed Hercule e gli metteranno i bastoni fra le ruote i membri dell'Istituto Segreto per il Razionalismo, che vogliono gettare nell'oblio i miti, le leggende e la fantasia. Buona lettura a tutti.

mercoledì 2 dicembre 2020

Calorie dicembrine

Mai come oggi, che è caduta la prima neve della stagione, è tempo di piatti calorici invernali. Insomma quel cibo che evoca di per sé caminetti e candele accese e calici di vino rosso. Quindi, oggi bolle in pentola il mio piatto preferito dicembrino: crauti e salsicce di cragno. Attenzione però! Cragno con la lettera “g” che nulla ha a che vedere con il cranio. Insomma, nulla di più lontano dal cervello di scimmia, quell’allucinante alimento che viene consumato in alcune aree dell'Estremo Oriente e dell'Africa; che al solo immaginare mi fa venire la pelle d’oca. La salsiccia di cragno (“Kranjska klobasa”) secondo quanto racconta il sito istituzionale rappresenta una specialità della cucina slovena, che si annovera tra i principali elementi che costituiscono il patrimonio gastronomico sloveno. Peraltro, essendo un prodotto alimentare tradizionale, a livello nazionale è tutelata dall'indicazione geografica protetta. Preparata solo con carne e grasso suini della massima qualità, con aggiunta di nitrato di potassio, è speziata solo con aglio e pepe e legata con uno stecchino di legno. In superficie la salsiccia di cragno è di colore rosso-marrone e ha un leggero sentore di fumo, al taglio la carne è di colore rossastro, il grasso è di colore bianco panna e compatto. La consistenza è soda, croccante e succosa, l'aroma è pieno e caratteristico della carne suina salata, stagionata ed affumicata. La salsiccia di cragno risale ai tempi dell'Impero austroungarico e prende il nome dalla regione della Carniola che, fin dal 15° secolo, rappresentava la principale regione del territorio nazionale sloveno e l'unica regione interamente slovena. Una delle più antiche testimonianze scritte dell'esistenza della salsiccia di cragno si trova nel libro di ricette "Süddeutche Küche" di Katharina Prato del 1896, in cui si menziona la preparazione della salsiccia di cragno. Le istruzioni più antiche su come preparare e cuocere la salsiccia di cragno furono pubblicate nel 1912, nella sesta edizione del ricettario "Slovenska kuharica" di Felicita Kalinšek. Gli storici dell'antica Lubiana la menzionano come piatto principale dei menù per cerimonie e altri eventi importanti. (Fonte: Bogataj, 2011. Mojstrovine s Kranjsko klobaso iz Slovenije - Piatti sublimi con la salsiccia di cragno slovena.) Si tratta indubbiamente di uno dei piatti della gastronomia slovena più celebri a livello internazionale. Gli emigrati sloveni l’hanno esportata in tutto il mondo, rendendo il suo nome riconoscibile ovunque. In Slovenia è nota con il nome di “kranjska klobasa”, nel mondo germanico come “krainer wurst”, in quello anglosassone come “kransky sausage” e in Italia come “salsiccia di cragno”. Nella cucina triestina che consulto abitualmente, per i piatti locali, e che rappresenta sempre il mio punto di riferimento quando ancora Giallo zafferano era al di là da divenire il riferimento più importante per i tentativi culinari, il sistema di cottura consigliato è lesso o fritto. E’, in pratica, questione di gusti. Per il sistema di cottura dei crauti, invece, ancora oggi seguo le indicazioni della mia amata suocera che, (cuoca in sanatorio, nella cucina dedicata ai medici ci teneva a sottolineare) mi ha trasmesso alcuni suggerimenti , tenterei di dire segreti, per piatti dal sapore sublime. Regola fondamentale da rispettare per i crauti è, ad esempio, l’ingiallimento. Che altro non sarebbe che la farina soffritta, versata quando i crauti sono ormai quasi cotti, prima dell’ultima bollitura. Per il resto gli ingredienti restano gli stessi presenti in ogni ricetta: due foglie di alloro, un paio di bacche di ginepro, un paio di grani di pepe ed una bella manciata di semi di cumino che, peraltro, noi gente di confine, abbiamo sempre chiamato kimmel. Kimmel è palesemente la distorsione del tedesco kümmel che, tradotto, sta proprio per semi di cumino. Paese che vai lingua che trovi, si potrebbe dire. Certamente tale detto sarà valido dappertutto ma non nelle zone di confine, dove la contaminazione, sotto tutti i punti di vista, non è l’eccezione bensì la regola. Ho scoperto, infatti, che (voce wikipedia) il Kümmel, anche denominato kummel o kimmel, è un liquore aromatizzato con il seme di cumino dei prati, cumino e finocchio, dolce e incolore. Si spiega anche che originariamente, le parole kümmel, kummel e kimmel sono rispettivamente i termini in qualche modo generici nelle lingue tedesca, olandese e Yiddish, ed indicano sia il cumino dei prati che il cumino. Per esempio, il cumino dei prati tedesco è denominato Echter Kümmel mentre il cumino è denominato Kreuzkümmel, ma il termine Kümmel è usato anche per il liquore aromatizzato con queste spezie. La faccenda si complica quando, nel tentativo di risolvere l’arcano della ricetta della cara nonna Ernesta, che non mi ha mai parlato di Cumino bensì sempre di Kimmel, scopro che Carvi o cumino dei prati è tutt’altra cosa rispetto al Cumino vero e proprio, citato nella maggior parte delle ricette che fanno riferimento ai crauti. In un sito specializzato che fornisce spezie ai ristoranti stellati leggo, infatti, che i semi di kummel – o Carvi – a prima vista possono essere scambiati per semi di cumino, seppur questi ultimi sono più grossi e chiari. Richiamano una nota aromatica molto intensa simile al limone. Storicamente sostenuti dagli inglesi, per le proprietà digestive, possono essere usati interi o macinati, in base alla ricetta. Il loro intenso aroma e sapore si farà sentire sugli altri per cui basta utilizzarne pochi per avere tutta la loro aromaticità. Adatti alle carni di ogni tipo, salsicce ed insaccati, arrosti di maiale e formaggi semi-stagionati come il gorgonzola. Si adattano magnificamente anche alla cucina vegana o vegetariana, per cucinare minestre ed insalate, come ad esempio quella di cavoli. Eccellenti per la preparazione di pane, trecce e brioche. Che in epoca di globalizzazione, fast food, insomma cucina mordi e fuggi sia andata, alla fin fine, perduta questa sottile distinzione e dei vari cumini si sia fatto di tutta un’erba (ops!) di tutti i semi un fascio?

La casa che ti sceglie

Ogni anno, a novembre, acquisto Gardenia perché, allegata alla rivista, c’è un’agenda. Nonostante mi consideri abbastanza informatizzata, e ...