Quando libertà, relazioni,
lavoro, i diritti soggettivi insomma, vengono compromessi si può rimanere inermi
o è, invece, doverosa l’azione di ogni singolo per pretenderne il ripristino?
Me lo sto chiedendo, giorno dopo giorno, dal mese di marzo di quest’anno. Mese
che ricorderemo a lungo perché una normativa d’emergenza ci ha costretti a
cambiare, ad essere diversi nel nostro quotidiano. “Salus rei publicae suprema
lex esto” diceva Cicerone. La salvezza dello Stato sia la legge suprema. Ma se
la nostra Costituzione, legge suprema di questo Paese, viene violata è
possibile restare a guardare restando indifferenti?
Un giurista ha scritto: “Il
Potere fa così: propone una cosa (indecente) e poi vede l'effetto che fa, se la
reazione non è pronta, estesa ed efficace la realizza e la rende permanente. Oggi
tocca ai bambini ed agli anziani e domani?” Le misure straordinarie ed
eccezionali, adottate per la tutela della salute, hanno portato alla lesione di
diritti civili configurabili ad un sequestro di persona di massa. Il cordone
sembrava allentato, ma già di parla di recrudescenza. Con l’arrivo dell’autunno.
Senza che alla base di tali affermazioni ci sia alcunchè di scientifico. In
sostanza, le preannunciate restrizioni alla riapertura delle scuole sarebbero
dovute alla classica similitudine del cane che cerca di mordersi la propria
coda.
Non è mia intenzione, in
questo blog, soffermarmi sulle questioni giuridiche sottese alla dichiarata
illegittimità, da parte di insigni costituzionalisti, dei provvedimenti vari
emessi dal Governo. Indico, uno per tutti, il sito “Sistema penale” che ha
affrontato, in maniera sistematica la questione.
Ma va, invece, portata in
primo piano l'iniziativa che un pool di avvocati triestini e goriziani sta
attuando a difesa dei più deboli: i bambini. E che è sfociata, in un
ricorso al Tar avverso l’ordinanza della Regione che ha imposto tout-court le
mascherine ai minori nei centri estivi. Mentre l'avvocato Pierumberto Starace sta già pensando ad una diffida nei confronti dei vertici regionali per le vigenti restrizioni imposte agli ospiti nelle case di riposo della regione. Ci ha spiegato
il legale triestino: “La limitazione dei diritti degli
anziani, senza colpa né pena, è ancora più limitante di quella che riguarda
bambini e ragazzi ma - purtroppo - è percepita dalla collettività come giusta e
ragionevole anche stante il ritardo con il quale si è provveduto inizialmente e
stante il fatto che il "60,1% dei casi diagnosticati dal 14 aprile ad oggi
ha contratto la malattia in una struttura residenziale per anziani, RSA o
comunità disabili. Quindi, sin dal primo provvedimento in materia, e cioè il D.L. n.6 del 23 febbraio 2020, la
spinta dell'opinione pubblica era ed è tuttora
per un aggravamento o quantomeno per la conservazione, non certo per un
allentamento, delle misure tese ad impedire il contagio. Il primo decreto si
limitava a prescrivere particolari cautele per l'accesso di parenti e
visitatori, sono poi seguite circolare e decreti, in particolare circolare Ministero
della Salute del 25 marzo 2020, che progressivamente hanno agito su: attivare
una stretta sorveglianza e monitoraggio delle RSA e rafforzamento dei setting
assistenziali; identificazione delle strutture residenziali ove trasferire i
pazienti Covid; formazione del personale delle RSA ; potenziamento del
personale in servizio; effettuare in maniera sistematica tamponi e fornitura
dei DPI.
Nonostante che in Italia le
strutture residenziali siano molto più numerose delle RSA, tali provvedimenti
sono stati fatti soprattutto in funzione delle RSA.
Nel mese di maggio è partita
poi una nuova fase caratterizzata da iniziative di allentamento del lockdown,
basata su uno stretto monitoraggio dei casi, ma sino ad oggi non ha portato a
dei risultati apprezzabili.
Inutile aggiungere che tutta
la normativa in materia è atipica e sconta i risaputi difetti di
costituzionalità, incidendo su diritti assoluti del cittadino, base stessa del
contratto sociale, senza alcun dibattito parlamentare e scientifico, dato
semplicemente per inevitabile "danno collaterale" derivante dalla
pandemìa.
Resta il fatto che
l'incidenza negativa di pochi mesi lontano dagli affetti e dagli usuali
contatti per un anziano è incomparabilmente più elevata che per una persona più
giovane. Vi sono poi già evidenti compromissioni dello stato di salute e
psichico dei medesimi, con possibilità di peggioramento di patologie già
esistenti e insorgenza di nuove. E' indiscutibile il giovamento che -
soprattutto nella bella stagione - trae un anziano dal trascorrere qualche
tempo al sole ed all'aria aperta. E' in discussione anche la ragionevolezza di
tali provvedimenti, la loro progressività, il bilanciamento di tale esiziale
compromissione di diritti con la tutela del diritto alla salute (della
collettività e degli anziani medesimi).
Sembrerebbe che, in regione,
se un anziano decide di uscire da una casa di riposo, poi non può più
rientrarvi, nemmeno previa quarantena, in forza di una specie di ricatto.”
Personalmente condivido
totalmente, trovandomi sulla soglia dei ’70 anni, l’appello che alcuni
componenti ed ex componenti del Consiglio nazionale forense hanno, a suo tempo,
inviato al Presidente Conte a proposito della ventilata ipotesi di imporre il
“confinamento” agli anziani: “ [….] la discriminazione, dunque, non è
funzionale alla salvaguardia della collettività essendo evidente che ci si vuol
imporre la protezione da, o di noi stessi, obbligandoci a star bene al prezzo
della libertà, prezzo la cui congruità dovremmo essere noi a poter valutare. Se
la discriminazione si giustificasse con i costi delle nostre eventuali degenze,
comprenderà il pericolo che l’idea rappresenta per un paese democratico; si
farebbe strada la prospettiva di conculcare le libertà fondamentali di
un’intera categoria di persone in ragione dell’età, in quanto potenzialmente
più costose per lo Stato”.