venerdì 7 maggio 2021

Tina Modotti a Milano. Una mostra da non perdere

Non ricordo quando ho sentito parlare, per la prima volta, di Tina Modotti. Ma ricordo perfettamente, invece, di essermi immediatamente innamorata del personaggio. Tanto da vessare di domande una collega udinese che portava il suo medesimo cognome. Tina, infatti, per me è stata un mito. E non soltanto perché da ragazza ho amato molto la fotografia tanto da sviluppare da sola i miei negativi e stampare le foto nella camera oscura che avevo attrezzato nella cantina della casa dei miei genitori. L’emozione di vedere materializzarsi l’immagine nella vaschetta con l’acido è un qualcosa che nell’era del digitale è inimmaginabile e, sotto un certo punto di vista, a mio avviso è una perdita in termini di esperienza. Le foto erano soltanto in bianco e nero. Ma sono convinta ancora che proprio il non colore esalti l’essenza dell’immagine quale essa sia; nel senso che il colore soltanto la rappresenta.

Potrebbe essere considerato strano che al di fuori del Friuli Venezia Giulia Tina Modotti sia sconosciuta ai più, se non tra i cosiddetti addetti ai lavori. Ma del resto è molto frequente che donne dalla forte personalità e leader nel loro campo non siano “passate alla storia” come invece è successo per i loro mariti o compagni. Uno degli esempi più eclatanti credo sia quello di Margaret Macdonald coniugata Mackintosh, (Tipton, 5 novembre 1864 – Chelsea, 7 gennaio 1933). Pittrice, illustratrice e decoratrice inglese, operò in Scozia ma il suo stile ha ispirato l’intera produzione artistica nel periodo a cavallo dei due secoli. Basti pensare alla grande influenza che le sue opere ebbero sul famosissimo artista austriaco Gustav Klimt tanto da far quasi apparire alcune delle opere di quest’ultimo come delle articolate rielaborazioni.(1) Il marito Charles è ad oggi riconosciuto come il più famoso architetto scozzese di tutti i tempi dove Margareth ha sempre avuto un ruolo marginale ma lui stesso le ricorderà in una lettera “tu sei metà, se non i tre quarti, di tutte le mie opere d’architettura…” e dirà di lei “Margaret ha il genio, io solo talento”. (2) Si può dire che lo stesso sia successo per Tina Modotti, artista eclettica alimentata da genio e passione che è rimasta per lungo tempo sottovalutata e, nella storia della fotografia vi compare non come comprimaria di Edward Weston (Highland Park, 24 marzo 1886 – Carmel, 1º gennaio 1958) considerato tra i più importanti della prima metà del ‘900, ma principalmente come sua assistente.

La vita di Tina Modotti, (Udine, 17 agosto 1896 – Città del Messico, 5 gennaio 1942) è stata un susseguirsi di passioni pubbliche e private, di viaggi e separazioni laceranti. Emigra negli Stati Uniti a soli 17 anni per raggiungere, assieme alla famiglia, il padre che aveva trovato un lavoro a San Francisco. Ed è lì che la giovane Tina si avvicina alla recitazione, figurando in rappresentazioni amatoriali - rivolti essenzialmente al pubblico d'immigrati italiani del luogo - di D'Annunzio, Goldoni e Pirandello. “Sul palco - racconta Pino Cacucci nel suo ritratto di Tina, - sembra trasformarsi, e il contrasto è ancor più accentuato dal suo carattere schivo e taciturno, avvolto da quell’impalpabile velo di malinconia che non la abbandona mai”. Il suo fascino esotico la porta, poi a Hollywood. Ma per lei, donna d’azione e non di posa, il cinema fu, difatto, un’esperienza deludente, che decide di abbandonare dopo solo tre film per la natura essenzialmente commerciale di quanto il cinema rappresentava. Nel 1923 si trasferisce a Città del Messico, che in quegli anni viveva un vero e proprio Rinascimento. E’ lì, che entra in contatto con i giganti della pittura muraria David Alfaro Siqueiros, Diego Rivera e Clemente Orozco, i quali appartengono al sindacato degli artisti e sono i fondatori del giornale El Machete, portavoce della nuova cultura. Ed è lì che entra in amicizia con la pittrice Frida Kahlo. Un documentario dei primi anni 80 di Laura Mulvey e Peter Wollen (disponibile online https://www.collettivowsp.org/2020/04/26/frida-khalo-e-tina-modotti-il-documentario/) racconta la vita e le opere delle due amiche, icone di quello che è stato soprannominato il “Rinascimento Messicano”.

Tina che aveva imparato i primi rudimenti della fotografia già adolescente a Udine nello studio fotografico dello zio, si perfeziona sotto la guida del compagno di vita Edward Weston ma, via via, trasforma il suo modo di fotografare, ed in pochi anni percorre un'esperienza artistica folgorante: dopo le prime attenzioni per la natura (rose, calli, canne di bambù, cactus, ...) sposta l'obiettivo verso forme più dinamiche. Utilizza il mezzo fotografico come strumento di indagine e denuncia sociale, e le sue opere, comunque realizzate con equilibrio estetico, assumono di frequente valenza ideologica: esaltazione dei simboli del lavoro, del popolo e del suo riscatto.

Tina Modotti, fotografa, attivista e attrice italiana, ha lasciato un’impronta indelebile nella storia della fotografia contemporanea. E, TINA MODOTTI, Donne, Messico e libertà è il titolo della mostra a lei dedicata allestita a Milano dal MUDAC che rimarrà aperta fino al prossimo 7 novembre 2021. I suoi celebri scatti, che compongono le collezioni dei più importanti musei del mondo, sono il simbolo di una donna emancipata e moderna, la cui arte fotografica è indissolubilmente legata al suo impegno sociale.

La casa natale di Tina Modotti a Udine in via Pracchiuso 89, oggi, è una vera e propria opera d’arte per volontà della Caritas della Diocesi di Udine che ha destinato l’immobile all’accoglienza, ma ha ritenuto indispensabile mantenere la memoria storica del luogo. L’idea degli artisti Franco Del Zotto e Vera Fedrigo è stata quella di realizzare sulla facciata dell’immobile un grande foglio dattiloscritto su cui si susseguono pezzi della vita di Tina. Per il suggestivo bassorilievo che presenta testi in più lingue (italiano, inglese, spagnolo, friulano) per testimoniare la grande trasversalità culturale di Tina gli autori, nel 2014, hanno vinto il premio internazionale Le Geste d'Or, Le Trophee du Grand Prix.

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