mercoledì 20 ottobre 2021

Dal mais all'uomo. Asturias, uno scrittore da riscoprire

L’amore ai tempi del colera titolava un romanzo di Gabriel García Márquez. Opera interessante che tuttavia non ho amato più di quanto abbia amato Uomini di mais di Miguel Angel Asturias, premio Nobel per la letteratura nel 1967. Oggi comunque potremmo mutuare il titolo del libro di Márquez con un ben più prosaico “Dubbi e perplessità ai tempi della pandemia”; e credo proprio che lo farò prossimamente per raccontare e, perché no, denunciare come in nome della pandemia ciò che di buono era stato fatto, in termini di rapporto con la pubblica amministrazione, sia stato svilito con lo smart working dei dipendenti pubblici, della proroga di tutte le scadenze procedimentali ecc. ecc. ecc. Anche se oggi mi limiterò a raccontare del mitico Asturias, autore purtroppo scarsamente noto dalle ultime generazioni mentre varrebbe veramente la pena una sua riscoperta soprattutto a partire dal suo epico racconto.

Asturias scrisse Uomini di mais nel 1949 (e pubblicato in Italia solo nel 1967 dopo l’assegnazione del premio Nobel) considerato uno dei capostipiti del cosiddetto “realismo magico”, tanta e continua è la commistione tra magia, credenze indigene e la semplice realtà narrata. Uomini di mais non è un romanzo di facile lettura. Surreale, barocco nelle descrizioni, riesce comunque ad incantare con le parole, raccontando leggende e magie, foreste e montagne, uomini e stregoni. Spingendo, quindi, il lettore a continuarne la lettura.

Secondo la mitologia maya descritta nel Popol Vuh, gli uomini e le donne furono creati dagli antenati divini Tepeu e Gucumatz, con le "pannocchie di mais giallo e le pannocchie di mais bianco...e questo è quel che entrò nella carne dell'uomo creato, dell'uomo fatto...ed essi furono pieni di gioia, perché avevano scoperto una bella terra, piena di cose piacevoli...". Il mais ha dunque, nella coscienza dell'indio, un carattere sacro, perché il suo nutrimento riproduce la creazione degli antenati e pertanto la sua coltivazione non può assumere una finalità speculativa.

Hombres de maíz è la rappresentazione del conflitto fra gli indios, gli uomini di mais, e i maiceros, i coltivatori di mais. che tagliano e bruciano gli alberi per ottenere campi dove seminare il mais e "far commercio dei raccolti. Simili a uomini che impregnassero le mogli per far commercio della carne dei loro figli sono i coltivatori di mais, che seminano non per alimentarsi e mantenere le loro famiglie, ma avidamente, per alzare la testa da arricchiti! Ma la miseria li perseguita, vestono i cenci della foglia strappata dal vento dell'empietà e le loro mani sono come gamberi neri macchiati di tigna, come i gamberi che a furia di stare nelle sacre grotte, vanno diventando bianchi". I maiceros inserendosi nel rapporto spontaneo fra la terra - la madre - e il mais, privano gli indios - uomini di mais - delle loro radici vitali, del senso della loro esistenza, della loro cultura e della loro identità.

Nel romanzo, considerato generalmente il capolavoro dello scrittore, si esprime pienamente il realismo magico di Asturias, una prosa poetica di estrosa e sorprendente fantasia che "rileva un po' del sogno come lo concepivano i surrealisti e i maya nei loro libri sacri. Tutta la mia opera si sviluppa fra queste due realtà: una sociale, politica, popolare, con personaggi che parlano come parla il popolo guatemalteco; l'altra immaginativa, che li racchiude in una sorta di atmosfera e di paesaggio di sogno".

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